Sognando vicinanza

Stiamo sognando vicinanza, non c’è dubbio: parliamone.

Riunirci ai nostri amori, guardarli negli occhi che sembrano ancor più grandi, i capelli allungati e quel pullover che non ricordavamo, indovinare forse una leggera abbronzatura, sfiorarli e riscoprire assieme il coraggio delle carezze.

Rincontrare amiche ed amici una per uno e provare a raccoglierli in una di quelle cene interminabili dove il cibo è una scusa per stare lì ad ascoltare e parlare di tutto, pazienza se la pasta è scotta, raccontarci del tempo passato durante le chiusure, cominciando a fare progetti per l’estate. Ancora un po’ di tiramisù, scambiarci impressioni di lettura: lui con l’immarcescibile Dostoevskij, lei con l’ultimo Winslow; si è fatto tardi, ma intanto la saggistica? Come si fa a non commentare La teoria dei sentimenti morali paragonandola ai testi di Hume: si tratta di temi cruciali per la nostra ricerca.

Ritrovare colleghe e colleghi di lavoro, da vicino; ci sono mancati, forse non tutti ma alcuni certamente: sono cambiati e noi come gli sembriamo? Si valutano le misure di sicurezza ma la discussione scivola su temi esistenziali finalmente non banali: dunque davvero i migliori emergono più chiaramente?

Rivedere una sorella lontana, quant’è bella! forse addirittura un po’ ingrassata e come al solito svagata il giusto, spadella che è una meraviglia e adesso ci dirà tutto sull’ossitocina. Un’altra sorella, sempre affettuosa, un po’ provata ma più determinata che mai, si apre in un sorriso e ci racconta che ora sì, sta scrivendo finalmente e ne è felice. Un fratello amabilmente chiacchierone e quell’altro prudentemente taciturno: è come se ci conoscessimo di nuovo.

Radunarci per leggere assieme e discutere (qualcuno un po’ rompiscatole dice dialogare), osservandoci attenti, diventare seri seri perché non stiamo capendo bene, spegnere subito quello spirito polemico, godere soddisfatti di una comprensione comune raggiunta; e poi il solito mattacchione ci domanda “Ma che sarà mai questa sfida culturale?”, e tutti a ridere, perché ancora non lo sappiamo bene ma vale la pena di provarci.

Dopo si va al cinema: casomai un filmone americano di quelli mozzafiato che ti prendono ma ti scordi subito, l’alternativa scoppiettante colta e minacciosa è una retrospettiva su Akira Kurosawa.

Riscoprirci dal vivo finalmente in squadra, in assemblea, in convegno addirittura, e sapere che non abbiamo mai smesso di impegnarci, anzi, abbiamo trovato ragioni più profonde per viverlo quest’impegno speciale. Quanti volti nuovi: speriamo che le/i compagne/i facciano le presentazioni senza formalismi. Stupirci per la proprietà di linguaggio, l’acutezza delle domande e le risposte folgoranti, l’intensità del pensiero da cui trapela la profondità dei sentimenti. Sentire l’amicizia, la voglia di (ri)conoscersi, persone che ci dicono di altre persone, chi è presente ci rammenta di chi è assente, ascoltare racconti di sofferenza e guarigione, esperienze incredibili, aneddoti spassosi, non si smette di imparare: queste soggettività si compongono davvero tra loro.

Rituffarsi nella grande Casa nel bosco: finalmente le/i milanesi che fanno casino e però ascoltano qualche lezione metodologica da chi si è trasferito a Roma, ecco i napoletani con il loro strano mix generazionale, sta per arrivare una banda di spagnole/i e verranno accolti da un’ispiratrice argentina, da qualche parte le/i siciliane/i solari come sempre: sorrisi, cannoli e logica affermativa. Qualcuno si affaccia nella corte: “Ragazze/i abbassate la voce che a Scuola stiamo provando a finire il corso di teoria generale”; fulminante commento anonimo dal basso: “Fate più caciara voi di noi”. Ripensare con allegria alla Banda delle/i piccole/i che tornerà e con un velo di tristezza a Macchia che ha fatto il grande salto; intanto sul viale tre donne ispirate osservano, annotano, confabulano: hanno grandi progetti. Ok, diamoci una mossa per accompagnare le/i nuove/i a fare un tour completo della Casa e del parco. Per favore, coinvolgete la preside, ma non disturbate il bibliotecario alle prese con i suoi manoscritti e stasera, dopo cena, tutti (o quasi) a danzare con i Jefferson Airplane, mentre qualcuno enigmatico ci sorride dalla consolle: sta lavorando ad un altro libro.

Rivederci per trarre lezioni dalla campagna e ideare la prossima, per andare in manifestazione, per diffondere il giornale, per riavviare i Corsi introduttivi, per preparare la Conferenza.

Ci sarebbe da dire di un’altra presunta vicinanza: affollata e affannata, di ammassati e sconosciuti, annoiati e frustrati… Ma quello è un incubo, per questa volta risparmiamoci la pars destruens, solo cerchiamo di evitarlo e di aiutare chi vuole a venirne fuori.

Sognare vicinanza è un diritto, non solo è possibile ma è necessario a maggior ragione farlo in sicurezza, prestando attenzione, curandoci a vicenda.

Sognare vicinanza è già reagire, ricominciare, cambiare, ritrovarci, realizzarci individualmente, in relazione, in comune.

11 aprile 2021                 

La Comune