Ci svegliamo ogni mattina pensando quando e come ne usciremo. Adesso che al governo c’è questo signore un po’ diverso ma mica meno padronale, con la sua maggioranza di marionette arlecchino, forse ci aspettiamo che perlomeno faccia qualcosa contro la pandemia ma subito valutiamo i danni collaterali che ci arrecherà.
Però arriva un momento della giornata in cui, casomai per una gentilezza inattesa o un sorriso radioso, per un’intuizione vivace o una riflessione profonda, scopriamo che abbiamo voglia di reagire adesso, in prima persona, in relazione ed assieme.
Proviamo a coltivarlo questo desiderio, non lasciamolo scappare. Diamogli corpo mentre camminiamo, facciamolo trapelare dallo sguardo e proviamo a scorgerlo nelle altre e negli altri. Cerchiamo di trovare ed indirizzare quel meraviglioso ed imperfetto equilibrio tra il fisico e la mente. Qualsiasi cosa stiamo facendo sentiamo il nostro protagonismo. Innanzitutto amiamo la vita, vogliamo cercare di migliorarla qui ed ora. Curandoci, aiutando e facendoci aiutare. I vaccini possono servire ma serve cautela. Portare la mascherina è indispensabile, così come mantenere le giuste distanze ma possiamo intendere questa profilassi come un’occasione per approfondire le nostre capacità empatiche e simpatetiche. Parliamone con le persone, ascoltiamole e raccontiamo loro di noi, delle nostre speranze, aspettative, possibilità. Daremo loro forza e sentiremo la nostra. Cerchiamo di essere più attenti e coerenti con i valori in cui crediamo, di incarnarli, trasmetterli, crederci, goderceli: cioè condividerli.
Poi all’improvviso arrivano le cattive notizie, battenti, amplificate, inesorabili. Tragedie nel mondo e nel quartiere, violenze perpetrate da signorotti e ragazzotti, fetenzie emanate in diretta ed on line. Nulla può cambiare dunque, è la solita storia inevitabile?
Una voce di dentro o da fuori ci dice: no e sì. No: il loro mondo non cambia, anzi peggiora e comincia a cadere in pezzi; però sì: noi possiamo cambiare e abbiamo già cominciato, la nostra storia è tutta da vivere e non è la loro.
Il desiderio ritorna e si scopre più tenace. Diciamolo alle persone che amiamo e proviamo a dare nuovo vigore ai nostri amori, raccontiamoli alle persone che conosciamo e ci sembrano essere degne della nostra fiducia se lo siamo prima noi. Impariamo a rappresentarla meglio la realtà, che già significa trasformarla, e il vero modo per farlo è in collaborazione, in compagnia, in comunanza. Così staremo meglio e le altre e gli altri con noi. Oh sì, anche praticamente, perché ci aiuteremo nel lavoro, nello studio, nelle faccende quotidiane, nel tempo libero. Pian piano avvertiremo che possiamo sottrarci dal loro Stato oppressivo, dalla loro economia truffaldina, da certi loro elettrodomestici invasivi e dannosi. Così ci stiamo curando e non solo dalla pandemia.
Il desiderio può crescere se siamo noi che lo facciamo crescere crescendo nella nostra umanità, può diventare non più solo un desiderio ma un volere e forse una scelta. Non un potere oggettivo alieno e negativo, ma io posso essere un soggetto buono e benefico, tu puoi esserlo, noi possiamo esserlo assieme.
Già, forse sì, in effetti sarebbe bello, sento qualcosa, ci ho anche pensato, però ci vuole impegno, coerenza, continuità. Appunto, dico!
La Comune 19 febbraio 2021