Secondo il “Centro di ricerca sul razzismo e la discriminazione” il 90% della popolazione tedesca ritiene che ci sia razzismo in Germania, il 60% che sia un fatto quotidiano e il 65% che sia anche all’interno delle istituzioni. Poco meno di metà degli intervistati dichiara di aver assistito a episodi di razzismo, più di un quinto di esserne stato vittima di persona. Circa metà dice di credere all’”esistenza delle razze”, un terzo a “differenze di grado per cui, per natura, alcuni sono più laboriosi di altri”, mentre un quarto ritiene legittima “l’idea della disuguaglianza fra i gruppi sociali”.
Pur considerando il valore relativo da attribuire a tali ricerche, si tratta di dati senz’altro inquietanti ma per nulla “sorprendenti” o “scioccanti” come invece affermato dalla Ministra della famiglia Lisa Paus (Verdi). La crescita diffusa dell’odio verso gli immigrati e della xenofobia, alimentati incessantemente dalle forze di estrema destra, Afd alla testa, è infatti sotto gli occhi di tutti ormai da lungo tempo e trova terreno fertile nei tratti di razzismo e antisemitismo radicati per decenni nella società tedesca del dopoguerra e in una presenza sistematica di nazisti organizzati all’interno delle istituzioni statali che vede soltanto la punta dell’iceberg nei 387 reati di estremismo di destra da parte di membri di esercito, polizia e servizi segreti citati in questi giorni in un rapporto del Ministero degli Interni tedesco.
È invece una novità che nella società tedesca cominci ad incrinarsi l’immagine autocompiaciuta, falsa e pluridecennale di vivere in un paese “non razzista” e “tollerante”. Quest’iniziale disincanto è ben lungi dall’essere comprensione cosciente delle radici profondamente razziste della democrazia decadente; è però un cambio di percezione significativo che può risultare utile per chi voglia reagire in un momento come questo in cui la Germania che si presume “capace di fare i conti con il proprio passato” è protagonista di una nuova e ben poco rassicurante intraprendenza sul terreno degli armamenti e dell’intervento bellico. D’altra parte nel sondaggio stesso non mancano indizi di risorse positive a cui attingere per costruire accoglienza e solidarietà: fra le donne che “riconoscono il razzismo più spesso degli uomini”, in un 70% di intervistati “pronti ad ingaggiarsi contro il razzismo” e in quella metà che ha dichiarato di averlo fatto “almeno una volta negli ultimi cinque anni”.