Proposta di legge Un cuore che batte
Un grave attacco alla libertà delle donne

La proposta di legge di iniziativa popolare «Un cuore che batte» lanciata da una rete di una cinquantina di associazioni cattoliche cosiddette Pro Vita e antiabortiste vuole arrivare a una legge che modifichi l’articolo 14 della 194, aggiungendo il seguente comma: «Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”. Così secondo loro le donne potrebbero essere indotte a cambiare idea. E invece si tratta di un ulteriore attacco al diritto di scelta sul tema della maternità, perché costringe coloro le quali hanno maturato la scelta così difficile e delicata di interrompere una gravidanza a essere sottoposte a un ulteriore tortura psicologica e al pesante giudizio negativo sulla loro condotta. Non è la prima volta che padroni e padrini di ogni risma, purtroppo con la complicità di molte donne, tentano di attaccare la legge 194. Oggi costoro hanno dalla loro parte un governo di centro destra retrivo e reazionario che sta favorendo questa iniziativa popolare in tutti i modi. É bene però denunciare il fatto che anche Comuni guidati dal centrosinistra, come è il caso di Napoli, hanno concesso spazi comunali alla raccolta di firme. Un governo con alla guida una donna, che però ci tiene a essere chiamata “Il Presidente”, che si proclama paladina dei diritti femminili quando in realtà attacca le donne in ogni maniera possibile: la nuova finanziaria per esempio prevede che solo le donne che hanno almeno due figli hanno diritto a qualche sussidio, tutte le altre non ne sono degne, tant’è che anche dal 1 gennaio 2024 il Governo Meloni ha anche aumentato l’aliquota Iva dal 5 al 10% su assorbenti, pannolini, latte in polvere e agevolazioni per i figli. Per non parlare del fatto che se sei una donna immigrata in questo paese non hai alcun diritto, anche qualora fossi una madre, perché, per la loro natura profondamente razzista, i bimbi immigrati non contano, anzi rappresentano il pericolo di una “sostituzione etnica”, come spesso hanno affermato.
Non sappiamo come si concluderà la raccolta firme “Un cuore che batte” – la scadenza è prevista a marzo 2024 – e ci auguriamo vivamente che non arrivi al quorum, ma intanto come donne abbiamo bisogno di essere vigili e unirci per difendere le nostre scelte di libertà e l’inviolabilità della nostra interezza psichica e corporea.