Migliaia di persone, donne, uomini e bambini la cui unica colpa è quella di fuggire dalle guerre o comunque cercare un luogo dove vivere meglio e in pace sono braccati come criminali nei boschi al confine tra Bielorussia e Polonia. Sono ostaggio della brutalità di regimi dittatoriali, ma non solo: sono vittime della sconfinata ipocrisia e del cinismo dell’Europa e dell’Occidente democratici.
Appena poche settimane fa, l’Unione europea aveva risposto al governo polacco che se intendeva erigere muri per contenere i flussi migratori avrebbe dovuto pagarne la costruzione con i propri soldi. Non certo una posizione di principio in difesa dei “diritti dell’uomo” ma solo una questione di bilancio. E infatti, ora è pronta ad aprire il portafoglio. Non sarebbe una novità: negli ultimi trent’anni sono sorti nel Continente più di mille chilometri di muri e recinzioni. A sua volta il segretario generale della Nato – la più potente alleanza militare al mondo – ha definito “guerra ibrida” la crisi dei profughi al confine polacco: le persone bisognose di essere accoltespariscono, diventano oggetti senza volontà né speranze di vita, armi nelle mani del dittatore bielorusso. I precedenti della politica europea, di destra e di sinistra, sono vistosi e crudeli: soldi elargiti e accordi siglati con i torturatori libici e con il dittatore Erdogan per respingere gli immigrati.
Sempre più contro l’umanità in cammino, sempre più a destra: è questa la deriva dei “valori democratici” dell’Unione europea che si approfondisce ulteriormente ai suoi confini orientali. È possibile costruire una alternativa umana, solidale, accogliente: però in prima persona e insieme, fuori dai muri e dai recinti della politica.