Sette giorni in mare senza acqua e cibo hanno portato alla morte 60 persone, tra queste donne e un bambino di appena un anno e mezzo. Erano a bordo di un barchino, salpato dalla Libia, ed erano state avvistate anche da un elicottero che più volte li ha sorvolati senza prestare soccorso. E’ quello che hanno raccontato i circa 25 superstiti agli operatori della Ocean Viking nave della SOS Mediterranée che li ha tratti in salvo. Di fronte all’ennesima tragedia non del mare, ma causata dagli stati che difendono le frontiere a tutti i costi, leviamo le nostre voci in nome dell’umanità. Cosa che in queste ore stanno facendo i volontari di tutte le ONG di stanza nel Mediterraneo. Ci uniamo alla loro denuncia della disumanità di tutti i governi e della UE che, con una vera e propria guerra contro gli immigrati, sono la prima causa delle morti in mare. Per restare solo al caso italiano è chiaro che i regolamenti governativi che impediscono alle ONG di operare, che limitano i loro soccorsi, che destinano le loro navi in porti lontani dalle zone di ricerca o le mettono sotto sequestro, sono volte e a favorire tragedie come queste. A questo si aggiungono gli accordi con la Tunisia e la Libia e quello che si profila con l’Egitto sempre più criminali e razzisti. Ma la voglia di vivere di chi cerca salvezza è più forte. Nei racconti dei naufraghi e in quelli di chi salva le vite in mare ritroviamo la forza per affrontare questa barbarie e rivendicare per tutti e tutte il diritto all’accoglienza degna e umana e alla libera circolazione.
2024-03-15