La fine della NATO?

Nei giorni scorsi il parlamento greco ha ratificato un patto di assistenza militare tra Francia e Grecia che implica il reciproco sostegno in caso di aggressione da parte di un paese terzo.

Notizia inquietante. Come sempre, quando gli Stati lasciano intravedere – anche solo come ipotesi – la propria disponibilità all’uso della forza bellica. Allo stesso tempo, però, si tratta di una notizia che ci parla non solo dei pericoli di guerra, sempre incombenti e spesso agenti, ma di un cambio significativo concernente lo scomporsi caotico degli assetti e delle alleanze tra potenze antiche ed emergenti, comunque decadenti, foriero di ulteriori minacce per la vita delle persone comuni e del pianeta. Infatti è la prima volta che due Stati membri della NATO firmano un trattato militare di difesa e di reciproca assistenza contro un altro paese membro, la Turchia, mai nominata ma assai riconoscibile.

Facciamo un passo indietro: la NATO (North Atlantic Treaty Organization, Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico) è, dalla sua fondazione nel 1949, la principale alleanza militare del mondo, per settant’anni un tassello fondamentale del dominio sistemico democratico a guida statunitense, un gendarme efficace per la sua stessa esistenza a prescindere dall’impiego diretto o meno della sua forza distruttiva.

Oggi suoi Stati membri sono l’un contro l’altro armati. Vi sono ragioni puntuali; agli antichi contenziosi tra Grecia e Turchia se ne aggiungono ogni giorno di nuovi: dalla competizione per le risorse energetiche che giacciono nei fondali del Mediterraneo orientale al dinamismo aggressivo della Turchia in Libia e Nord Africa. Ma a nessuno sfugga il significato d’assieme e di fondo: il trattato tra Parigi e Atene è una prova ulteriore della fine scomposta di un sistema che dalla fine della Seconda guerra mondiale ha dominato e, in una certa misura, governato il mondo.