Incontrarsi, pensandoci bene, non è quasi mai banale. L’altra persona è come uno specchio, concavo o convesso, di noi stessi. Ci può suggerire qualcosa, spesso inavvertita, qualche volta bella altre volte brutta. Succede che quello sguardo sconosciuto non ci risulti però del tutto estraneo. In un’andatura proviamo a leggere una storia: arbitrario ma significativo. Un volto suscita una sensazione che ci spinge frettolosamente a una valutazione. Quando mamma ci diceva “attenta/o agli altri” lanciava un messaggio più profondo ed ambiguo di quanto credevamo. Perché incontrare gli altri è comunque la prima e costante scoperta speciale, letteralmente: la verifica elementare ma irrinunciabile del nostro essere umani. Umani perché siamo assieme, in relazione comunque: dobbiamo collaborare per realizzare grandi imprese o per fare disastri ed anche per non combinare nulla.
Oggi, animati dalla speranza che la pandemia possa cominciare a finire ma preoccupati da ondate di odio e negatività, sospinti da nuove e buone convinzioni ma frenati da vecchi problemi aggravati, possiamo capire quanto è importante l’incontro se lo cerchiamo e lo qualifichiamo da protagoniste/i.
In qualsiasi azione quotidiana ci accorgiamo che la comunicazione verbale è ostacolata dal non poter leggere il labiale, persino la luce degli occhi è insufficiente se non inquadrata dall’assieme del volto. D’accordo: bisogna tenere la mascherina se non siamo all’aperto e in sicurezza, però avvertiamo come non mai il significato non banale del vis-à-vis. È solo un punto di partenza per ri-conoscerci. Proviamo ad essere sinceri e diretti nelle domande e nelle risposte, a capire l’importanza reciproca del saper ascoltare. La prudenza è figlia dell’attenzione, sorella dell’intuizione e della comprensione: attiviamo tutta la “famiglia”. Se poi comincia la conoscenza: interpretiamola attivamente, diamo prova di sincerità e pazienza suscitando lo stesso approccio nell’altra/o. Se in un semplice scambio albeggia un dialogo deve crescere l’impegno vicendevole: partiamo dai meriti altrui e dai nostri limiti, così potremo crescere assieme. Proviamo a capire e rispettare passioni e vocazioni dell’altra persona mentre gli offriamo nel modo più opportuno le nostre. Fare delle cose assieme significa innanzitutto cominciare ad essere assieme. Se cresce la fiducia forse è il momento di parlare dei valori della vita e di come li interpretiamo. È vero: non c’è nulla di più personale della coscienza, non la si può restituire pienamente ad un’altra persona, ma non è forse vero che la nostra stessa coscienza ci spinge verso l’altra e che vogliamo restituire il bagliore, un lampo della luce intima che ci illumina? Allora possiamo condividere aspetti coscienziali cercando una misura generale comune, la fondazione di una cultura umana ed umanista rinnovata, nel farlo scopriremo ancor meglio il nostro protagonismo.
Quanti significati può avere l’incontrarci!
Ne abbiamo voglia e bisogno e dobbiamo capirlo meglio. Per noi de La Comune è un principio essenziale: perciò vi stiamo cercando e vi stiamo trovando e al tempo stesso tante/i di voi ci stanno cercando e cominciano a trovarci. Quello che ne verrà fuori dipende da quanto siamo disposti a valorizzare la nostra specialità reciproca e comune: possiamo migliorare le nostre vite se miglioriamo noi stessi con gli altri, possiamo crescere nella libertà e nel bene se comprendiamo e accresciamo positivamente quella altrui, possiamo essere più e meglio umani assieme.
Abbiamo molte cose da dirci, per ora una dedica tratta (con correzioni) da un vecchio amico che si perse per strada: la vita è bella, possano le generazioni presenti (e quelle future) incontrandosi, conoscendosi, unendosi viverla in tutto il suo splendore.
La Comune
17 ottobre 2021