Honduras
In marcia per la vita

Centinaia di donne e uomini con tantissimi bambini sono partiti dall’Honduras a metà dicembre in una nuova carovana della speranza. Si sommano alle migliaia che in questi anni hanno deciso di mettersi in marcia insieme, per darsi forza e sostenersi a vicenda, attraversando a piedi i confini con Guatemala e Messico per raggiungere gli Usa, affrontando pericoli immani –non ultimi la violenza degli Stati in combutta con i trafficanti di droga e di persone –, sfidando il feroce razzismo dell’ex presidente americano.

Quattro anni di governo Trump non sono bastati per affogare le speranze di una vita degna da parte di chi emigra, lasciando una zona che conta uno dei più alti tassi di omicidi al mondo. Oggi alla violenza delle maras si sommano le conseguenze dell’emergenza Covid e il devastante passaggio degli uragani Eta e Iota che hanno lasciato decine di migliaia di famiglie senza tetto nè mezzi di sussistenza.

La polizia guatemalteca ha provato a bloccarli al confine chiedendo pretestuosamente certificati di immunità al virus. La carovana si è dispersa solo per provare a continuare la marcia attraverso la foresta. “Sappiamo che è rischioso, ma se non rischi non ottieni quello che vuoi”, dice ai giornalisti un uomo che porta in braccio una bimba. Alla sua voce si somma fiduciosa quella di un compagno di viaggio: “Se verremo negli Stati Uniti avremo un futuro migliore”. Sicuramente possono contare sulla solidarietà diffusa che è nata in questi anni da una sponda all’altra del Rio Bravo. Meno certe sono le intenzioni del nuovo inquilino della Casa Bianca.