Su proposta del governo, il parlamento danese ha approvato all’inizio di giugno una legge che consente di esaminare le richieste d’asilo in paesi extraeuropei trasferendovi fisicamente immigrati e profughi in attesa di risposta.
Si tratta di un vergognoso progetto di “sbolognamento” fuori dai propri confini dei richiedenti asilo visti come pacchi ingombranti e pericolosi e non come esseri umane in cerca di migliorare la propria vita.
Al di là delle presumibili difficoltà di realizzazione concreta di accordi con paesi terzi di altri continenti per una simile operazione, il messaggio è chiaro: “Se vieni in Danimarca per raggiungere l’Europa ti sbagli di grosso: ti rispediamo in Asia, in Africa o dove ci fa comodo!”. Per dare un’idea della malvagità dell’intento, fra i primi ad essere esposti alla deportazione ci sono migliaia di profughi siriani fuggiti dalla guerra scatenata dal dittatore Assad e fra i primi paesi contattati dal governo danese c’è il Ruanda, noto in tutto il mondo per uno dei più terribili genocidi della storia recente e per le violazioni sistematiche dei diritti umani.
L’Alto Commissariato Onu redarguisce il governo scandinavo: “viola i principi del sistema internazionale” e la Commissione Europea tuona: “viola le regole dell’UE”. Che ipocriti! La “regola” per le istituzioni del consesso democratico internazionale è quella della guerra agli immigrati in nome del “rispetto delle frontiere”, è quella della morte di migliaia di persone nel Mar Mediterraneo che continua ormai da decenni in conseguenza delle politiche migratorie della “fortezza Europa” fondatasi sul famigerato accordo di Schengen.
Il governo danese vuole interpretare questa logica nel modo più spietato sulla scia dei “Paesi di Visegrád” (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia), in prima fila nell’aggressività xenofoba e razzista insieme ad altri paesi dell’est o dell’area balcanica, come la Croazia che sta attuando sistematicamente pestaggi e torture nei confronti degli immigrati e dei profughi di passaggio nel suo territorio. Va rimarcato però che alla testa del governo danese non c’è un partito conservatore o di estrema destra, ma la premier socialdemocratica Mette Frederiksen con il suo fido ministro per l’integrazione (!) Mattias Tesfaye che, dopo aver peggiorato negli ultimi anni le condizioni di ingresso degli immigrati, arrivano oggi a ringhiare con cattiveria “zero richiedenti asilo”. A dimostrazione di quanto in tempi di decadenza sistemica i confini fra destra e sinistra nella politica democratica siano sempre più labili e inconsistenti.