Diarra, un giovane di 26 anni originario del Mali, viene ucciso domenica 20 ottobre a Verona con 3 colpi di pistola al petto da un poliziotto della Polfer. Quest’ultimo dice di aver sparato perché minacciato dal ragazzo che, armato di un coltello, lo ha aggredito. Ma questo non lo assolve dall’omicidio perpetrato. Lo stesso agente ha tentato di rianimarlo con un massaggio cardiaco. Numerosi testimoni parlano di stato confusionale in cui il giovane versava. Chi conosceva Diarra ha raccontato di una persona caduta in una spirale depressiva a causa dei problemi legati alla mancata regolarizzazione. Era un richiedente asilo che, come tanti altri, viveva in un limbo fatto di fatiche e frustrazioni, sfruttamento e mancanza di accoglienza che portano alcuni ad una vera e propria deriva. Il tutto alimentato da uno stato razzista che attacca la vita degli immigrati fino a farne morire tanti in mare.
Una tragedia come questa dovrebbe suscitare tristezza per quella vita distrutta nel fiore degli anni, riflessione sul fatto che forse si sarebbe potuta evitare se ci fosse stato più aiuto, prevenzione e accoglienza. Tanti in questo momento probabilmente ci pensano e cercano motivi per aiutare chi è in difficoltà. Non il ministro Salvini che vomita odio dai social, non la presidente Meloni, impegnata a deportare gli immigrati contro ogni diritto umano e internazionale.
Noi siamo altro come tanta gente che crede nell’umanità. Denunciamo la cattiveria e la disumanità di chi è al governo e di quei retrivi che, seppur in minoranza tra la gente comune, intossicano la nostra vita; facciamo appello al senso di umanità che è in ognuno di noi perché si sviluppi e cresca.