Cinguettii molesti

Una settimana fa Twitter ha bloccato per diffusione di fake news l’account di Kayleigh McEnany, collaboratrice di Trump e portavoce della Casa Bianca. La McEnany, così come molti altri account di supporter del presidente ugualmente silenziati dal network, aveva diffuso la bufala orchestrata da The New York Post, quotidiano ultraconservatore, di presunti legami tra Hunter Biden, il figlio del candidato democratico alla presidenza, e il governo ucraino attraverso una multinazionale petrolifera di Kiev. Insomma il classico caso montato ad arte per attaccare, attraverso il figlio, il padre, adesso che i sondaggi danno il mentitore seriale della Casa Bianca in netta difficoltà.

Ma quello che più colpisce è la solerzia di Twitter: una redenzione improvvisa del social media o piuttosto una scelta di comodo in vista di possibili cambi di assetti al vertice statunitense? Certo è che suona quantomai strano il comportamento della multinazionale della Silicon Valley: hanno deciso improvvisamente di spegnere il microfono davanti alla bocca del Crazy Clown dopo che gliel’hanno così felicemente retto per anni. Un ravvedimento tardivo e sospetto che non sposta di una virgola la complicità e la collusione di Twitter, così come di Facebook per altri versi, nella mala informazione che domina oggi il pianeta.