Alla fine degli anni Novanta, dopo che il crollo dell’Urss, con tutti i suoi irrisolti, aveva squadernato la questione interetnica dell’ex Unione sovietica, portandosi con sé morte, uccisioni e guerre di confine senza posa, nasce in Russia il Partito liberale e di attivismo Jabloko (Mela) che raccoglie, insieme a Navalnyj, quella che poi diverrà la cosiddetta opposizione a Putin. Già dai primi anni del 2000, mentre Putin, con una massacrante campagna militare nel Caucaso, avvalendosi di sanguinari potentati locali fedeli a Mosca, cerca di mantenere l’egemonia grande russa sull’insieme dell’ex territorio sovietico, Navalnyj si avvicina sempre più alle idee del nazionalismo russo facendo leva su sentimenti xenofobi che in quegli anni si diffondono rapidamente. È infatti nel 2006 che decide di partecipare alla Marcia russa, raduno di forze xenofobe dell’ultra destra russa e nel 2007 fonda il movimento patriottico Narod (Popolo). In quello stesso anno gira il video in cui paragona i musulmani del Caucaso a terribili scarafaggi contro cui consiglia di liberarsi usando la pistola, mentre nel video la brandisce sorridente. Non ritratterà mai quei contenuti. Nel 2008 durante le operazioni di guerra contro la Georgia, appoggia l’intervento russo in Ossezia del Sud e Abkhazia e richiede, in nome della salvaguardia della parte etnicamente russa, l’espulsione di tutti i cittadini georgiani dalla federazione.
Tra il 2011 e il 2015 mentre Putin ricompatta il paese attorno a sé con il conflitto in Ucraina e l’intervento russo in Siria a fianco del massacratore Bashar al Assad, Navalnyj, tra un arresto e l’altro alla domanda “se lei diventasse presidente, restituirebbe la Crimea all’Ucraina?” risponde: “La Crimea non è mica un panino al prosciutto che si morde e si restituisce così”.
Nel 2016 dichiara di voler correre per le presidenziali del 2018, ma viene fermato con un procedimento per corruzione, Putin vince a mani basse. Prova a riscattarsi con le elezioni per la Duma di Mosca nel 2019, ma con scarso successo.
Il resto si sa, il 20 agosto 2020 cade avvelenato a terra convinto del coinvolgimento dei servizi russi, fino all’arresto di tre giorni fa a due anni e mezzo di carcere per una condanna del 2014.
Nel frattempo in tutta la Russia si susseguono manifestazioni con ampia partecipazione sociale, brutalmente represse, ma non per questo sopite, contro la corruzione, l’impoverimento e l’ingiustizia. Ampi settori di manifestanti, dimostrando le profonde contraddizioni che caratterizzano anche la Russia, nell’opporsi al sistema liberticida di Putin credono di contrapporsi appoggiando Navalnyj, ignorando e/o accettando che la sua opposizione scaturisce ed è connotata dallo stesso sistema di dominio grande russo contro il quale si muovono.