Brescia, protesta degli operatori sanitari
Un silenzio che fa rumore

 Dal 20 novembre ogni venerdì sulle scalinate degli Spedali Civili di Brescia, si fermano per cinque minuti le sanitarie e i sanitari, dando vita a un flashmob di protesta.  Alla loro prima iniziativa erano in 150, per crescere e arrivare oggi a più di 200 persone. In maggioranza mediche e medici, ma anche infermiere/i, tecnici e altre figure professionali, che in silenzio, distanziati, composti, protestano contro la cattiva gestione dell’emergenza, rivolgendo le spalle alla dirigenza sanitaria, locale, regionale e nazionale.  Il loro sguardo invece è rivolto alle persone che curano, verso le quali prosegue tutta la loro dedizione con turni di dodici ore che continuano da mesi.  Già da prima della pandemia denunciavano le gravi carenze della sanità in termini di risorse e soprattutto di personale sanitario, ma non sono mai stati ascoltati. Così nel pieno della prima ondata decidono di organizzarsi, definendosi movimento e dandosi un nome: Siamo tutti Ippocrate. Come scrivono ribadiscono la loro indipendenza da partiti e sindacati, stanchi e delusi nel sentirsi non rappresentati da questi, e dopo due mesi di mobilitazione e di appelli rivolti a tutte le figure professionali del loro ospedale, decidono di rompere il silenzio. Lo fanno scrivendo due documenti: il primo in cui spiegano chi sono e quali sono le ragioni del loro organizzarsi; il secondo è una lettera al presidente Mattarella, di augurio di un buon Servizio Sanitario Nazionale nel 2021 e negli anni a venire. A questa iniziativa sono centinaia le adesioni dei medici da tutta Italia, con le loro foto per comporre in un collage, l’immagine raffigurante il viso di una collega di Brescia che diventerà mamma. Come raccontano loro, con i pochi mezzi e il passaparola, sono 700 le adesioni arrivate in una sola settimana, segno che il malessere per questa sanità devastata è grande. Colpisce quanto poco spazio la stampa ha dato a questi medici, mentre altri saturano ogni mezzo di comunicazione. Non a caso nell’unica intervista al TGCOM24,  un arrogante giornalista quasi impediva al medico intervistato di  raccontare chi sono e il perché della loro protesta. Solo alla fine del collegamento il dottore è riuscito a dire una frase che è significativa di questo movimento: “noi stiamo con i deboli”.  Anche se sono solo mediche e medici, le loro rivendicazioni non sono corporative. È importante il loro partire dai valori, dall’etica professionale, dal rispetto della persona di cui ci si prende cura, dall’onestà, dall’indipendenza da ogni condizionamento, dalla dignità, dal diritto-dovere alla migliore cura, per tutti e tutte le persone che ne hanno bisogno, non solo per chi se lo può permettere, contro le logiche aziendaliste e di profitto che ormai definiscono clienti i pazienti.   Ma non finisce qui, il 23 dicembre 2020 una coraggiosa collega infermiera, in contemporanea con il sesto flahsmob degli Spedali Civili di Brescia, si mette sui gradini dell’ospedale di Gardone Val Trompia, in provincia di Brescia e poi scrive questo messaggio: “Sono stata un po’ osteggiata, pazienza, alla prossima ci sarà un’ostetrica con me” Il giorno successivo non è da sola: altre cinque colleghe e colleghi sono con lei. Distanziati, in silenzio hanno risposto all’urlo silenzioso dei sanitari che si battono per un Servizio Sanitario Nazionale migliore. In questi giorni la coraggiosa infermiera, assieme ad altri, sta raccogliendo centinaia di firme e foto per un’altra lettera al presidente Mattarella, in sostegno e in collaborazione con i medici bresciani, ma invitando a firmare, operatrici/ operatori sanitari, tutte le diverse figure professionali e la gente comune.

Brescia 09.01.2021

iocuro.insiemeperlasalute@gmail.com