La pandemia continua a imperversare com’era previsto e resta difficile da contrastare. In questo paese si espande, colpisce tutte le fasce d’età ed in modo più omogeneo geograficamente, statisticamente ad oggi la sua carica letale è più bassa che a marzo-aprile.
Politici, giornali e tv ripetono ossessivamente ciò che già sappiamo: la situazione è grave. L’informazione ufficiale alimenta la paura come se questo servisse a responsabilizzare la gente. È vero il contrario: la paura genera ansia, facilita la disattenzione, non aiuta la comprensione.
Nel frattempo i governanti non si assumono le proprie responsabilità. Prima tra tutte non aver sostenuto il personale sanitario e non averlo rafforzato anche nelle strutture necessarie, quindi non aver riorganizzato i trasporti per evitare l’ammassarsi nelle ore di punta. Dopo aver allentato i controlli durante l’estate in nome della produttività ora, senza un piano chiaro, minacciano e impongono chiusure a destra e a manca.
Certo che c’è bisogno di aumentare e rendere più efficace il tracciamento dei positivi. È ugualmente indispensabile attuare con più coerenza le misure pratiche fondamentali: mantenere le distanze di sicurezza, indossare sempre e correttamente le mascherine, evitare gli assembramenti, uscire di casa il giusto indispensabile.
È sufficiente per incrementare le misure ripetere stancamente questa litania?
Pensiamo di no. C’è bisogno di mobilitare le energie migliori della gente comune, di credere in loro: atteggiamento non previsto tra gli inquilini dei Palazzi.
C’è bisogno di suscitare responsabilità pensata, attiva, reciproca, condivisa tra le persone. Ci si preserva preservando le/gli altre/i, non chiudendosi in se stessi. È necessario capire assieme, riscoprendosi, sì anche con le mascherine e a distanza: può essere un’occasione per guardarsi negli occhi. Mantenendosi a due metri ma imparando a compiere e valorizzare ogni gesto solidale. Responsabilizzando persone care e conoscenti affinché siano agenti attivi antivirus. Stimolando anche le/gli sconosciute/i, quando se ne ha l’occasione, a riguardarsi, dicendogli e chiedendogli come va, facendo balenare una prossimità umana più vera e attenta, meno superficiale seppur iniziale. Concependo e realizzando lo stare a casa come l’essere concentrati finalmente sulle cose più importanti: il piacere di leggere e raccontare, la gioia di imparare e scrivere, la passione di inventare e creare, la soddisfazione di ascoltare e guardare, la felicità dei sentimenti e della riflessione. Sentirsi protagonisti di un cocktail vitale ben più attraente di quelli della movida sin salida. Gli ingredienti? Per esempio: etica ed erotica, dietetica e ludica, aerobica e poetica, si consiglia di meditare bene prima dell’uso.
Insomma più che mai è il momento di trovare, attivare, offrire, chiedere fiducia. La fiducia che permette di affrontare dei sacrifici in vista di un avvenire benefico. Fiducia di potersi preservare individualmente, in relazione e collettivamente. Fiducia di poter uscire con coerenza e tenacia dall’emergenza crescendo sin da ora nell’impegno vitale. Fiducia nelle migliori capacità umane proprie e altrui: ecco un principio prezioso da cui può scaturire una responsabilità più autentica ed efficace, diffusa e coerente, non formale e momentanea, per domare il virus e affrontare altre sfide. Naturalmente è un affare squisitamente umano, niente a che fare con la politica.
24 ottobre 2020