Altri morti sul lavoro
La strage continua
In nome del profitto e del lavoro sfruttato

Jagdeep S. 42 anni, Emanuele Z. 46 anni , Valeriano B. 52 anni, Leonardo P. 72 anni, Giuseppe C. 52 anni, e poi altri 2 di cui non sappiamo il nome: un lavoratore agricolo di 54 anni e un altro operaio sull’autostrada A14. Sono gli ultimi di questi giorni. Sono 100 morti al mese dall’inizio dell’anno. Ecco il terribile segno sotto al quale il PIL è in ripresa, sotto il quale l’Italia torna a produrre. Mentre qualcuno li chiama effetti collaterali, queste morti sul lavoro sono la punta dell’iceberg di un sistema che quotidianamente manda al sacrificio tante persone che lavorano. Vogliamo dimenticare le cifre degli infortuni, dei feriti o degli invalidi del lavoro? O quelle di chi si ammala fisicamente e mentalmente in nome della produttività e dell’efficienza a causa di ritmi di lavoro, di stress e anche di ricatti difficili da fronteggiare da soli? O ancora quanti sistemi di sicurezza – dove ci sono – vengono disattivati per aumentare la produzione?
Questo è il brodo di cultura–disumanizzante–che apre la strada a veri e propri omicidi sul lavoro. È un dramma che non finirà e che si aggrava inesorabilmente se ne affidiamo la soluzione ai Governi, alle Istituzioni e ad una Confindustria sempre più ingorda e insaziabile, se lo deleghiamo alle trattative tra loro e i vertici degli apparati dei sindacati più grandi (Cgil, Cisl e Uil), inerti e succubi, quindi complici. Cosa hanno portato e portano tutt’ora, gli incontri tra vertici sindacali e i vari Governi che si succedono? Cosa portano le firme sui rinnovi contrattuali tra confederali e controparti? Solo illusioni e il permesso per il padronato di continuare a fare indisturbato i propri interessi, anche peggio di prima nella crisi pandemia.
Ma ci sono, in ogni posto di lavoro, iscritti ai sindacati confederali o a quelli di base, come tanti anche non iscritti, che potrebbero prendere l’iniziativa, uniti, rompendo quando necessario il silenzio e l’omertà che a volte vivono pure trai lavoratori stessi. Urge un protagonismo indipendente che metta al primo posto la salute e la vita, che affermi il rispetto delle persone prima del profitto, indispensabili anche per affermare il diritto ad una legislazione migliore sulla sicurezza sul lavoro.