Valditara, ministro da venti giorni, dà già lezioni di revisionismo storico

Un campionario di luoghi comuni, di asserzioni indimostrabili, di propaganda di regime, ma anche
un attacco alla libertà di insegnamento: ecco cosa ha prodotto il ministro Valditara nella sua
circolare del 9 novembre sull’abbattimento del muro di Berlino.
Senza mai citare Stalin, che capeggiò quell’orrenda caricatura del socialismo cui diede nome di
comunismo, il ministro attacca l’utopia, perché per realizzarsi avrebbe inevitabilmente bisogno di
una dittatura feroce, e la rivoluzione, che altro non sarebbe che la premessa a una dittatura che
inevitabilmente verrà. E così si dimentica di dire che lo stalinismo non fu né utopico, ma semmai
distopico, né rivoluzionario. Lo stalinismo eliminò fisicamente decine di migliaia di rivoluzionari
che lo avversavano e contribuì ovunque ad affossare le rivoluzioni: da quella spagnola del 1936, a
quella ungherese vent’anni dopo, da quella cecoslovacca del ’68 a quella polacca dell’80.
Spacciare il 9 novembre per “festa della liberaldemocrazia”, come fa il ministro, suscita
indignazione: da quel momento in poi per la liberaldemocrazia si sono accentuati i guai, perché lo
stalinismo, finché fu al potere garantì una funzione di controllo dei popoli dividendosi il lavoro con
il sistema politico globale a dominanza USA. Lo stalinismo non a caso venne abbattuto dalla spinta
dei movimenti popolari del 1989 e non dai tank della NATO. Il 9 novembre dell’89 entra in crisi
definitiva l’ordine mondiale. Una delle sue conseguenze più vistose sono le guerre sempre più
frequenti e inconcludenti, di cui le liberaldemocrazie sono state protagoniste o comprimarie.
La circolare evoca la verità facendo strame di quella storica. Evoca anche la libertà, mentre attacca
tra le altre anche quella di insegnamento.