Dalla metà di giugno sono ripresi gli scontri e nuove brutali violenze nelle regioni orientali del paese. Medici senza frontiere, che da tempo opera nell’area, denuncia la gravità della situazione sanitaria: le persone ferite e in fuga, bisognose di cure, si aggiungono a coloro che sono colpiti dalla malaria, molto diffusa, e alla malnutrizione che dilaga tra i più piccoli. Come sempre, infatti, a pagare il prezzo degli scontri tra le differenti fazioni sono le donne e i bambini inermi.
La storia di questo paese, grande due volte l’Italia ma con una popolazione giovanissima che non arriva a un quarto di quella italiana, è particolarmente martoriata, tra un passato coloniale e le lunghe guerre civili e di indipendenza in cui lo scontro tra potentati locali è periodicamente rinfocolato dagli interessi di potenze regionali e internazionali.
Il rispetto nei confronti delle vittime non consente alcun fatalismo; piuttosto è necessario riflettere su quanto amari siano i frutti delle strade politiche di presunta liberazione dall’oppressione. Il Sud Sudan è lo Stato di più recente costituzione al mondo: ha ottenuto l’agognata indipendenza nove anni fa, sancita da un referendum in cui il 99% dei votanti si è espresso per l’indipendenza; eppure in questi anni non ha visto un giorno di pace ed è al quarto posto sul pianeta come numero di profughi.