Una strage efferata è stata commessa alla fine di marzo nella città di Moura: secondo il racconto di numerosi testimoni circa 300 persone sono state catturate e giustiziate a piccoli gruppi per giorni e giorni da truppe dell’esercito maliano e da “mercenari bianchi non di lingua francese”, quasi certamente quei “consiglieri russi” operativi nel paese di cui il governo maliano non fa mistero, probabilmente membri del famigerato gruppo Wagner.
L’organizzazione non governativa Human Right Watch ha raccolto decine di testimonianze tra i sopravvissuti. Tutte concordano nella ricostruzione dei fatti principali. Il 27 marzo, mentre si svolgeva il mercato settimanale, lo squadrone della morte è piombato sulla cittadina trasportato da elicotteri ed ha ingaggiato uno scontro a fuoco con alcuni terroristi presenti nella regione,provocando i primi morti anche tra gli avventori del mercato. Successivamente i militari procedevano ad un rastrellamento a tappeto, catturando e poi uccidendo a freddo centinaia di persone.
È una vicenda la cui ferocia ricorda le stragi nazifasciste. Ma il governo maliano non ha smentito il proprio coinvolgimento nella carneficina ed anzi lo ha rivendicato, inscrivendolo nel conflitto che da oltre un decennio oppone il governo centrale – e il suo presidente golpista – alle formazioni jihadiste. Una dimostrazione efferata di quella morsa bellicista che guerra e terrorismo – mostri gemelli – stringono sulla vita della gente comune.