Un compagno che ci conosce da tempo, impegnato con un’altra realtà organizzata, ha donato per la nostra Campagna di autofinanziamento esprimendoci la sua stima: “Per il vostro schieramento coerente nel tempo a fianco dei popoli contro le guerre (tutte, non solo quelle scatenate dall’imperialismo americano)”.
Sì, tutta la nostra storia testimonia come per noi essere rivoluzionari ha significato l’indipendenza da qualunque Stato. Mentre le diverse sinistre politiche hanno avuto il loro “Stato-guida”: di volta in volta la Cina, l’ex Urss, Cuba… fino ad arrivare al Venezuela. Ed anche questo spiega la fine e il crollo di tante formazioni.
Siamo sempre stati a fianco del popolo palestinese e di tutti i popoli oppressi, per difendere e affermare il diritto all’autodeterminazione contro tutte le occupazioni e le prepotenze statali.
Il nostro pluridecennale impegno pacifista – insieme a quelli per la fratellanza e l’accoglienza degli immigrati, e con le donne contro la violenza patriarcale – si è andato radicalizzando nel tempo e ha una motivazione antropologica. Siamo convinti che gli esseri umani possano far leva sulle proprie migliori risorse, su quella tensione al bene che ci accomuna, e possano scegliere di indirizzarle beneficamente. Il nostro impegno è per difendere la vita e per il suo miglioramento ed è radicalmente contrapposto alle logiche degli Stati, tutti fondati sulla guerra. Anche per questo abbiamo scelto di essere totalmente indipendenti e quindi autofinanziati.
La santa alleanza contro i popoli
Fin da giovanissimi eravamo orgogliosamente internazionalisti, ci sentivamo parte dell’umanità e schierati eticamente con i più oppressi. Siamo stati al fianco del popolo vietnamita contro la guerra scatenata dell’imperialismo Usa e gli atroci crimini commessi contro la popolazione come i bombardamenti al napalm. Lo abbiamo fatto senza sottacere – in tempo reale – la denuncia della direzione burocratica di Ho Chi Min che aveva represso l’opposizione di sinistra e trotskista.
In realtà, al di là della propaganda dominante che presentava le relazioni tra Usa e Urss come una “guerra fredda”, in quella fase funzionava un ordine mondiale garantito dalla “santa alleanza controrivoluzionaria” tra l’imperialismo americano e la burocrazia stalinista, dove ciascuno (con la forza) manteneva l’ordine nella propria area di influenza: da una parte i carri armati del Cremlino a Budapest e Praga, dall’altra il foraggiamento di feroci dittature da parte degli Stati Uniti, a cominciare dal sostegno criminale al golpe di Pinochet in Cile. Noi abbiamo lottato coerentemente sia contro l’imperialismo sia contro il totalitarismo burocratico stalinista, compresi i suoi seguaci o complici nel nostro paese.
Alla fine degli anni ’70 abbiamo denunciato – controcorrente rispetto a gran parte delle forze di sinistra –l’invasione della burocrazia sovietica in Afghanistan e rivendicato il diritto all’autodeterminazione delle sue popolazioni. Il dramma attuale in quella regione ha le sue radici anche in quei tragici avvenimenti.
La svolta epocale dell’89
Poi c’è stato l’89. Un cambio cruciale: si apriva una nuova epoca. L’ascesa di milioni di persone nell’Europa dell’Est (e poi in Russia), pur con illusioni e fragilità coscienziali, abbatteva i regimi burocratici del “socialismo reale”. Noi che nell’80 ci eravamo entusiasmati per la rivoluzione polacca che spingeva a rimettersi in discussione, ci rinnovammo affermando “una nuova idea della rivoluzione e del socialismo”, e il bisogno di una teoria viva dell’autoemancipazione, radicalizzando il nostro antistatalismo: l’umanesimo cominciò a palpitare nel nostro programma e nei nostri cuori. Invece la maggioranza della sinistra resisteva, ancorata a vecchi schemi che crollavano insieme ai muri. Sosteneva che l’imperialismo americano aveva trionfato e si apriva una fase di “nuovo ordine mondiale”, mentre noi affermavamo che s’inaugurava una nuova epoca “densa di minacce e di promesse, in un quadro di caos e disordine mondiale”. Il venir meno del pilastro burocratico “sovietico” metteva in luce quanto fosse stato fino ad allora funzionale al sistema.
I fatti ci hanno dato ragione. Altro che “nuovo ordine”. Nel mondo esplodeva il caos: dopo l’89 la coalizione guidata dagli Stati Uniti scatenava la guerra nel Golfo contro l’Iraq ed è cominciato il susseguirsi di guerre destinate a non finire mai. Ciò che apparentemente sembrava un successo del sistema democratico a guida statunitense in realtà era un’espressione di crisi e di declino fino all’implosione attuale.
Siamo stati in prima fila nelle mobilitazioni, nella prima e nella seconda guerra in Iraq, denunciando sia la coalizione imperialista sia il dittatore Saddam Hussein, sottraendoci alle logiche di guerra che conducono a schierarsi con uno dei contendenti. Così abbiamo denunciato in tempo reale la resistenza reazionaria, sostenuta da tanti “sinistri “in nome “dell’antimperialismo”, da cui poi si alimentarono il terrorismo di al Qaeda e l’intento distruttivo dei neonazisti dell’Isis.
Molte delle sinistre politiche, ancorate a ideologie smentite dalla realtà, ripetendo il ritornello che “l’unico nemico è l’imperialismo”, si sono rese non solo impotenti, ma in alcuni settori persino complici dei peggiori massacratori: come nel caso della Bosnia. Noi fummo gli unici nel ’94 a dare vita a una manifestazione nazionale a Milano in solidarietà con il popolo bosniaco vittima della violenza del regime nazionalista serbo, degli stupri e della pulizia etnica. E negli anni successivi abbiamo continuato ad essere in prima fila nell’impegno contro la guerra nei Balcani con un nitido schieramento per la pace, contro Milosevic e contro la Nato.
Il criminale attentato alle Twin Towers dell’11 settembre 2001 fu una drammatica espressione di come la guerra avesse favorito lo sviluppo del terrorismo di Al Qaeda, mostro gemello degli Stati. Il 3 novembre di quell’anno, insieme con l’Associazione 3 Febbraio, abbiamo promosso con migliaia e migliaia di immigrati a Roma l’unica manifestazione nazionale contro la guerra e il terrorismo. Erano i mesi in cui l’imperialismo americano scatenava la guerra e l’occupazione militare in Afghanistan con l’alibi di voler “sconfiggere il regime dei talebani”. Milioni di persone nelle piazze di tutto il mondo diedero vita a manifestazioni oceaniche; partecipando in prima fila a quella che definimmo “un’insorgenza pacifista e ci impegnammo per costruire Comitati per la pace, convinti e fiduciosi del valore del protagonismo diretto delle persone, mentre il pacifismo politico si appellava agli Stati e all’ Onu. Denunciavamo la realtà che “tutti gli Stati sono canaglia” e la loro specularità con il terrorismo.
Sappiamo poi cosa è successo sulla pelle delle popolazioni afghane: migliaia di vittime civili e i talebani – con cui gli Usa alla fine non hanno esitato a trattare e siglare accordi – sono al potere con il terrore.
“Il vostro silenzio ci uccide”
La rivoluzione di Piazza Tahrir nella capitale dell’Egitto e poi in Siria hanno fatto irruzione nel 2011. La gente comune iniziava davvero un processo di pacificazione e amicizia, le cui lezioni abbiamo cercato di apprendere. La novità radicale del principio di questa rivoluzione umana spaventò tutti i nemici dell’umanità. Si scatenò una controrivoluzione senza precedenti: il criminale dittatore siriano Assad sostenuto direttamente da Putin, con la complicità di tutto il consesso mondiale, ha compiuto in Siria un massacro terribile. I rivoluzionari siriani hanno gridato, inascoltati, il loro atto d’accusa a tutte le sinistre e all’Occidente: “il vostro silenzio ci uccide”. Noi ci schierammo a fianco e a sostegno della rivoluzione della gente comune, animammo una campagna di solidarietà a tutto campo e siamo stati gli unici a convocare e costruire due momenti nazionali di mobilitazione “in solidarietà con il popolo siriano contro la guerra di Assad e Putin”.
La vittoria della controrivoluzione in Siria ha prodotto nuovi mostri, come i neonazisti del Califfato nero dell’Isis. Contro questo nemico dell’umanità ci siamo mobilitati, abbiamo svolto un’opera di controinformazione, convocato e realizzato il 10 maggio del 2015 a Firenze l’unica manifestazione nazionale tenutasi in Italia “Per la difesa della Comune umanità contro il terrorismo stragista e reazionario”.
L’impegno attuale per la pace contro la guerra in Ucraina, contro l’occupante russo e contro la Nato ha radici profonde ed è in continuità con quello che ci caratterizza fin dalla nostra nascita.
La pace dipende da tutti noi
Siamo convinti di poter scegliere e che le possibilità di pace dipendano anche da noi. Siamo in prima fila nel sostenere le mobilitazioni pacifiste per fermare la guerra e tutto questo è armonico alla ricerca e all’impegno per costruire aggregazioni solidali e pacifiche. Cerchiamo di far leva sulle nostre migliori risorse umane per affermare amicizia e solidarietà, fronteggiando gli Stati e le loro logiche di cattiveria e di odio, di razzismo e maschilismo che si rifrangono nella società e rafforzano le peggiori spinte provenienti anche dal basso.
Il nostro è un pacifismo umanista socialista radicale, cioè inquadrato in un impegno per cambiare la vita complessivamente sottraendoci agli Stati e alle loro logiche, costruendo comunanze libere, benefiche e quindi chiaramente indipendenti.
Perciò chiunque ha a cuore la pace ha buone ragioni per sostenerci anche finanziariamente con la campagna Revolutionary Fund.
Tema tratto da La Comune n.395