L’omofobia del Patriarca di Mosca: “fate la guerra, non l’amore”

Fino a che punto può distorcersi la coscienza umana e far definire giusto chi semina morte? Come può un capo spirituale non dire una parola di compassione e solidarietà con le vittime dei massacri di Putin, le donne e gli anziani in fuga dall’Ucraina, i piccoli caduti, la popolazione stremata sotto le bombe… e lanciare anatemi sulla presunta distruzione morale causata da chi sceglie in libertà chi amare? È quello che ha fatto Kyrill, il patriarca di Mosca, benedicendo “l’operazione militare” del nuovo zar e tuonando contro l’Occidente responsabile della deriva gay. Il merito delle regioni del Donbass per lui consisterebbe proprio nell’essersi rifiutate di ospitare le parate del peccato (non quelle militari della Nato, bensì i gay pride). Come altre scellerate crociate “in nome di Dio”, come altre aberranti prese di posizione di capi religiosi secondo cui le scelte sessuali sono peccati e persino più gravi dell’assassinio, del fratricidio, della guerra, il primate ortodosso sta propagando violenza e omofobia e sostenendo l’uccidibilità, a braccetto con lo Stato autocrate. Ma non senza conseguenze tra la gente che crede e tra gli stessi pastori. Cresce in Russia il numero dei sacerdoti e dei diaconi ortodossi schierati contro le scelte di Putin e disposti a rischiare la galera anche solo per chiamare l’infame guerra col suo nome.