Sì, finalmente le ospedalizzazioni decrescono, le persone guariscono anche se la pandemia c’è ancora. Forse si tornerà non troppo tardi a una normalità che ancora richiede attenzione, cura e precauzioni reciproche. Ma no, la normalità non può essere quella della politica, dell’economia e dei governanti, che impongono di vivere e lavorare a testa bassa e casomai di lavoro – o di scuola/lavoro – morire. E per chi protesta prendersi pure le cariche della polizia.
Allora sì, è possibile vivere meglio, portando in noi chi non ce l’ha fatta, esigendo e costruendo condizioni migliori e anzitutto il rispetto umano che ci può permettere di progettare e sperimentare insieme una convivenza diversa.
Sì, per vivere meglio assieme aspiriamo a essere in pace. No, la pace non è negli orizzonti degli Stati, che nascono dalla guerra e si attrezzano a farne ancora e sempre più.
Però sì, possiamo imparare la pacificazione nella vita quotidiana. Vuol dire predisporsi alla conoscenza e alla gentilezza, all’ascolto e alla comprensione reciproca. Ma anche alla lotta contro le logiche belliche, che dalla politica filtrano nelle manifestazioni d’odio che soffriamo e dobbiamo contrarrestare ogni giorno nella normalità decadente.
Sì, serve il tempo per pensare e per vivere, con concentrazione e dedizione, con impegno. No, l’interezza della vita non può tollerare la cancellazione della storia né la prospettiva allucinante di un futuro disumanizzato, fatto di macchine, cyborg e di aberranti fantasie di eternità dei padroni del web.
Quindi sì, possiamo vivere appieno il presente e non consumarlo, sapendo che in esso ci sono l’aspettativa di un futuro migliore, la consapevolezza del passato più doloroso ma anzitutto la forza dei trascorsi più nobilmente umani.
Sì, possiamo cercare di sapere di più di noi e della nostra umanità. Certo che no, questo sapere non è nell’istruzione borghese che crolla, né si trova su Wikipedia. Allora sì, guardando altrove, scopriamo che cercare una cultura dell’interezza dell’essere donne e uomini è nella nostra natura, che è parte speciale di una natura più grande da conoscere, rispettare e curare.
Sì, abbiamo bisogno di essere più vicini. No, non possiamo esserlo nell’ammassarsi coatto dei cittadini/sudditi che sono estranei e persino nemici fra loro, dunque più soli; anzi, da esso dobbiamo sottrarci.
E così sì, affermarci come persone solidali, che imparano a costruire nuove e più profonde relazioni e comunanze in cui unirsi e liberarsi insieme, nelle quali ciascuno/a possa crescere, non solo esprimersi.
L’impegno di una rivoluzione umana è anche questo? Sì, una rivoluzione che ci riporti alla nostra umanità possibile: un intento solo in apparenza più modesto rispetto a quello di cambiare il mondo tutto insieme e tutto intero. Ma in realtà più ambizioso e possibile, perché il mondo da cambiare ci appartiene. È quello di coloro che, protagonisti delle proprie vite, si incontrano, dialogano, lottano, vivono meglio.