Siria, l’ultimo narco-Stato

Porto di Salerno, luglio 2020: la dogana scopre 84 milioni di pasticche di Captagon e compie il più grande sequestro di anfetamine a livello mondiale. Jeddah, Arabia saudita, aprile 2021: 5 milioni di pillole sequestrate; Beirut, Libano, dicembre 2021: altri 9 milioni.

Da anni ormai Siria e Libano stanno inondando il mondo con questa droga di facile e poco costosa produzione. Le ipotesi d’indagine vedono coinvolti ai vertici di questo narcotraffico uomini d’affari e di governo di Damasco, compreso un fratello di Assad. È una rapida ascesa che sta improntando l’economia e la vita stessa di un paese distrutto, svuotato e stremato dalla guerra: si calcola che i proventi da esportazione di Captagon siano 30 volte superiori a quelli della più importante merce di esportazione legale, l’olio d’oliva siriano. Le pasticche sono nascoste in finte arance di plastica. Risultato: alcuni paesi stanno vietando l’importazione di frutta e di verdura dalla Siria e dal Libano, così da gettare sul lastrico gli agricoltori e spingendo alcuni di loro tra le braccia dei trafficanti come manovali del crimine. Dopo un anno di rivoluzione e di speranze popolari nel 2011, dieci anni di guerra feroce hanno prodotto lutti, desaparecidos, fuga di milioni di persone, macerie e droga. Il dramma non è finito: nonostante gli sforzi del boia Assad di restituire l’immagine di un “paese normale”, in alcune regioni ancora si combatte e il caos regna sovrano: in esso proliferano violenze e sopraffazioni e prospera una nuova industria di morte, quella della droga.

L’uccidibilità dei poteri decadenti assume diverse espressioni ma queste tendono ad integrarsi e a convergere contro la vivibilità e le speranze di miglioramento delle maggioranze. La rapida trasformazione della Siria in un narco-Stato è, con altri mezzi, la continuazione della guerra contro la gente comune.