In Via Genova a Torino tre lavoratori hanno perso la vita. Durante il montaggio del braccio di una gru, tutta la struttura ha ceduto schiantandosi sulle case, sulle auto e sull’asfalto. Boato, polvere e calcinacci dappertutto, come dopo l’esplosione di una bomba. I tre operai sono rimasti schiacciati dalla gru mentre crollava a terra , e solo per caso si è evitata una tragedia maggiore, visto che in quel momento non c’era traffico e non passavano altre persone. Ai familiari di Marco P., Roberto P. e Filippo F. va tutta la nostra vicinanza e solidarietà.
Quanto accaduto può lasciare sgomenti, attoniti e impotenti, perché si inscrive nella strage che continua – tre vittime del lavoro al giorno – e che sembra inarrestabile. Per reagire dobbiamo cambiare sguardo e paradigma, ed avere anche coraggio il punto di partenza non può essere il lavoro ma la vita delle persone. Perché l’attacco portato avanti da padroni e istituzioni statali complici non è al lavoro, ma alle condizioni dei lavoratori e lavoratrici. Una guerra non alla produzione a tutti i costi ma alle persone che lavorano. E finché al centro ci sarà il lavoro nulla cambierà, anzi verranno giustificate tutte quelle situazioni di precarietà e sfruttamento da cui siamo circondati. Finché si penserà che importante è lavorare e il resto viene dopo, la situazione è destinata ancora a peggiorare.
Mettere al centro la difesa della vita e del suo miglioramento, significa invece gettare presupposti più forti per difendere l’occupazione, ottenere più lavoro e diritti, salvaguardando salute e sicurezza per ogni persona. C’è bisogno di una cultura della vivibilità per affermare che la salute e sicurezza , prima ancora che un diritto, sono un dovere, che salvare vite umane – di ogni nazionalità e provenienza – ci riguarda tutti: non si può pensare di salvaguardare la propria vita senza occuparsi di quella degli altri.
Ma stiamo vivendo anche da tempo un altro pericolo: il bisogno del lavoro – sotto questo sistema – avvicina padroni e lavoratori .I primi per continuare a fare profitti e sporchi affari, i secondi per sopravvivere. Così le stesse persone che lavorano si stanno abituando a convivere con i rischi ed emergenze, spinte anche da una forte dose di rassegnazione e preoccupazione per la precarietà diffusa. Inoltre alzare la voce per garantire la sicurezza al lavoro espone a minacce, fino al licenziamento.
I sindacati confederali e quelli di base, singoli lavoratori e lavoratrici , i pensionati e i giovani possono unirsi affinché, rivendicando salute e sicurezza, nessuno sia esposto ad azioni repressive da parte dei padroni, e anche per ottenere l’abolizione delle tantissime ed odiose forme di precariato che tengono tanti sotto ricatto E, al tempo stesso, impegnandoci per ottenere nei luoghi di lavoro e a livello territoriale strutture più numerose, importanti e indipendenti delle lavoratrici e lavoratori adatte a questo scopo.