India
un anno di lotte contadine, una vittoria importante

Negli scorsi mesi, su questo sito, abbiamo seguito con un forte sentimento di vicinanza le coraggiose lotte contadine che hanno attraversato uno dei più grandi e popolosi paesi del mondo. La buona notizia è che quelle lotte hanno vinto.

Al centro della mobilitazione c’è stata la contrarietà al pacchetto di leggi del governo del reazionario Modi, mirante ad abolire il controllo pubblico sui prezzi dei prodotti agricoli con l’obbiettivo di attirare gli investimenti dei grandi gruppi finanziari ed espellere i piccoli contadini dalle terre favorendo la speculazione immobiliare. Secondo i sindacati, soprattutto negli Stati agricoli del nord come il Punjab e l’Uttar Pradesh, le riforme di Modi avrebbero causato meno ricavi e più perdite a favore del big business che può permettersi di competere sul mercato a prezzi più bassi. Inoltre, le leggi ora cancellate avrebbero impedito agli agricoltori di risolvere le controversie contrattuali in tribunale.

Decine di milioni di persone, indù, mussulmane, buddiste, cristiane si sono unite e messe in marcia in diversi stati indiani per difendere il diritto alla terra e ad una vita dignitosa. A causa del freddo e della violenta repressione poliziesca che ha anche eseguito migliaia di arresti, durante questa dura lotta circa 700 di loro hanno perso la vita. I/le manifestanti, a turno, hanno assediato New Delhi con i loro accampamenti. La posta in gioco era altissima. In India, lo stato democratico più grande al mondo, su circa un miliardo e 300 milioni di abitanti circa 600 milioni vivono nelle campagne e di agricoltura. Si tratta soprattutto di piccoli e medi agricoltori, braccianti e donne che coltivano piccoli orti per l’autoconsumo. Il primo ministro Narendra Modi ha quindi dichiarato: “Non siamo riusciti a convincere i manifestanti delle buone ragioni delle tre leggi sull’agricoltura e quindi inizieremo l’iter costituzionale per eliminarle”. Mai prima d’ora un capo di governo indiano – arrivato al potere con una larga maggioranza parlamentare e popolare – ha ammesso così apertamente la sconfitta: “Oggi”, ha detto, “imploro il perdono dei miei connazionali e dichiaro con cuore puro e mente onesta che forse sono stati fatti degli errori.” Del suo cuore puro e della sua mente onesta ci permettiamo di dubitare, come gli stessi manifestanti che hanno comunque deciso di festeggiare la vittoria ma di non smobilitare i presidi fino alla conclusione dell’iter legislativo di cancellazione della sua famigerata riforma agraria.