Nemici in casa di Shakespeare

Nel 2050, e forse anche prima, tutta la letteratura del passato sarà completamente distrutta. Chaucher, Shakespeare, Milton, Byron… Esisteranno solo in neolingua (…).

(Millenovecentottantaquattro, George Orwell)

Cala di nuovo implacabile la scure della censura oramai così di moda negli ambiti accademici statunitensi e anglosassoni: stavolta a farne le spese è nientemeno che William Shakespeare. Alcuni “attivisti, attori, studenti, artisti e studiosi” che si riuniscono attorno al Globe Theatre di Londra, proprio nella “casa” dell’illustre drammaturgo hanno deciso di dar vita a periodiche conversazioni volte a rileggere “le dinamiche problematiche a livello di genere e razziale” (sic!) delle sue commedie e tragedie. Operazione inaugurata nel 2018 con il ciclo di lezioni dal titolo emblematico: Decolonizzare Shakespeare. Per dirla senza troppi giri di parole: si leggono le opere del Bardo con lo sguardo del censore e “si liberano le sue opere da tutte le dinamiche razziali (corsivo nostro: quando si convinceranno che il primo passo per combattere il razzismo è ripristinare la verità, cioè che le “razze” non esistono nella specie umana? n.d.r.) che collegano la bianchezza alla bellezza” e, se necessario, si riscrivono le scene da rappresentare togliendo le parole incriminate e lasciando spazio a “voci più moderne, diverse e inclusive”. Così si legge letteralmente nella pagina del sito del Globe che pubblicizza l’iniziativa. Qualche esempio? La prima opera ad andare sul patibolo è Sogno di una notte di mezza estate:l’incipit “Ora, mia bella Ippolita” è ritenuto un epiteto offensivo e discriminatorio e l’affermazione di Lisandro “Chi non scambierebbe un corvo per una colomba?” denota una chiara predilezione nel dare “valore agli uccelli a causa del loro colore” suggerendo quindi un approccio razzista…

Sembra assurdo e ridicolo e infatti lo è. Ma è l’ennesima espressione di quella cultura della cancellazione contro cui combattere.

tratto da La Comune n°380