Proprio nel sessantesimo anniversario di un fallito golpe contro l’allora presidente De Gaulle, circa mille militari hanno firmato una incendiaria lettera aperta pronunciandosi su un presunto pericolo di guerra civile e contro “l’islamismo e le orde delle banlieu”. Tra i firmatari, anche una ventina di generali a riposo. Il governo minaccia sanzioni perché è stata infranta la regola del silenzio e dell’obbedienza dell’esercito alle autorità civili; la leader della destra Marine Le Pen, invece, solidarizza con i militari.
Anche se la vicenda dovesse concludersi qui, essa è già inquietante e un pericolo contro le libertà delle persone comuni: una parte dell’esercito si esprime minacciosamente su alcuni degli aspetti più critici e laceranti della società francese, gettando benzina sul fuoco.
Essa è anche espressione di una crisi degli equilibri tra i diversi poteri dello Stato e della decadenza della democrazia d’Oltralpe, incapace di contenere – tantomeno di armonizzare – le tensioni che si accumulano nella società. È il fallimento dello storico modello di integrazione francese – basato sul culto della laicità dello Stato – che il presidente Macron tenta vanamente di rilanciare con un disegno di legge in cui si propone di sottomettere ulteriormente le comunità islamiche al controllo statale. La ricetta dei militari che hanno firmato la lettera aperta è ancor più violenta, razzista e autoritaria, nostalgica di una Francia bianca, coloniale e cattolica che non esiste più da molto tempo.