I rapporti di Roma con Tripoli possono riassumersi così: convincere i libici “che contano”, di chiunque si tratti, a bloccare con qualsiasi mezzo l’immigrazione dall’Africa.
Chiunque sia, con qualunque mezzo: non son mica modi di dire.
“Chiunque” vuol dire ad esempio Abdurahman al Milad, il “comandante Bija”: torturatore e trafficante di esseri umani, capo-bastone del mandamento di Zawyah, ufficiale di quella famigerata guardia costiera cui lo Stato italiano ha finora versato 800 milioni di euro. Nel maggio del 2017, quando le accuse Onu nei suoi confronti erano già note, Bija è stato in Italia come membro di una delegazione ufficiale che ha incontrato uomini del governo Gentiloni. Proprio in questi giorni è uscito da un breve soggiorno in carcere con la fedina penale ripulita e una promozione in tasca.
“Con qualunque mezzo”: i soldi, tanti, arrivati nelle tasche di bande mafiose e assassine ma anche l’intimidazione nei confronti di giornalisti coraggiosi che hanno documentato questi sporchi affari.
Coerenza, dicevamo: può esser ministro Minniti (PD) o Salvini (Lega), il risultato non cambia. Anche Draghi è su questa scia, perciò ha scelto come meta del suo primo viaggio all’estero Tripoli dove non ha speso due parole per le sofferenze della gente comune libica sotto la permanente minaccia della guerra, però si è congratulato con la guardia costiera per il lavoro svolto.
Giovanni Marino